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Quarantunesimo post

Domenica 17 Gennaio 2021, 16:47

Esplodo. Di nuovo!! Sto ancora male, di nuovo cazzo, dio mio questa cosa mi sta risucchiando nel profondo. Male, male, malissimo, male sì. Perchè, perchè. Dovrei studiare, con un esame a giorni che non passerò, ed invece sono di nuovo qui, di nuovo a pensare ad L, alle mie aspettative, alle mie attese, a tutto quello che mi ribolle in pancia ora, ai dolori. Dolori sì, ora c’è dolore, e lo so benissimo il perchè. Perchè non c’è un tubo. Non c’è nulla, nemmeno questa volta, non c’è nulla. Non c’è un filo, non c’è un respiro, avevamo fatto un passo avanti ed ora, di nuovo, due indietro. Per carità, molte sono le giustificazioni che potremmo addurvi, e molte sono le cose che ora, preso dallo sconforto, sto cancellando dalla mente. Funziona così, e lo so. Funziona che pensi solo alle cose che ti hanno ferito, e non a tutte le cure che hai ricevuto e che riceverai. Sì, fa male.
Fa male e mi chiedo che cazzo ci sto a fare, ancora qui, ancora a soffrire. Soffrire nell’attesa di una lenta morte, lenta e dolorosa, e so anche alla fine perchè ci sto: perchè sono in un deserto, un deserto di contatti umani che mi porta a riporre speranza nei pochi che ci sono e che reggono. Ah il dolore, il dolore. Il dolore di quello sguardo vuoto, il dolore di quelle parole mancanti, di quel silenzio, di quel “embè, che cazzo ci diciamo adesso?”. Il dolore del nulla, del boh, del vuoto nel quale sono sprofondato due orette fa, appena ho poggiato il piede su un appoggio ahimè, falsamente stabile. Che fare ora? Ci risiamo, la domanda è sempre quella, in questa città vuota e grigia di un’esistenza ancor più vuota e grigia. Ho male allo stomaco. Male ora che non germoglia nulla, male ora che mi chiedo che cazzo sto facendo. Ma che cazzo sto facendo??? Cosa inseguo, cosa mi aspetto da quei sorrisi? E se ci fosse il vuoto dietro? Un vuoto non solo sentimentale. Ormai la domanda si fa sempre più concreta: ma io, inseguo chimere? Ma io, attendo con razionalità l’amore? Esiste? Che roba è l’amore? Dio, queste lame nella pancia. Ancora. Ancora e ancora. Perchè mi sono ridotto in questa situazione, perchè sono sceso a Padova? Non c’è nulla qui!!!! Nulla!!! Nessuno, il vuoto sociale, la pura solitudine. Cristo se fa male. Passato sto esame devo tornare su, per forza. Qua si muore. Se non muoio di delusioni, muoio di solitudine e vuoto sociale, cristo dio. Cristo se sto male. Cristo, ora il dolore si attenua, ma il problema permane. Ora ci penso, scrivo direttamente, senza pensare alla forma, ai ragionamenti, io scrivo a ruota libera il gorgogliare che ho in pancia, questa volta. Non in petto, no: questa volta è tutta pancia. Pancia e dolore, pancia e solitudine, dovrei vivere con qualcuno queste cose, non posso stare da solo, qui. E’ difficile affrontare i dolori da soli, tanto difficile, tanto.

Mi sto riprendendo. Accendo la testa, inizio a pensare: la ragione ha riafferrato almeno parte del volante, mentre l’emotività lo sta mollando. La guarda un po’ preoccupata, un po’ triste, come se le stese chiedendo scusa per quel che ha combinato. Anche questa volta. Ancora una volta. La razionalità sorride, stancamente, ma serena. Ci è abituata, lei, a questi colpi di matto. C’è abituata eccome.
La razionalità ora afferra con ambo le mani il volante, e riporta la macchina in carreggiata. Ed ora, dopo lunghi attimi di silenzio, parla.

Ci tiene a te? Sì. E pure tanto. Ha lo stesso modo di dimostrarlo che hai tu? No. Sei in grado di leggerla bene? No, perchè scrive le sue emozioni ed i suoi pensieri con una grafia ed uno stile diverso dal mio. Questo potrebbe essere un problema? Sì, lo so. Potrebbe esserlo. Ti devi dannare per non riuscire a leggerla? No. Non mi devo dannare, perchè per imparare a leggersi ci vuole tempo. Quel che conta è il contenuto del testo, lo so. Conosci già il contenuto? No, non lo conosco in buona parte, e questo mi fa paura, mi spaventa, perchè le aspettative e le attese spaventano. Il fatto stesso che lei non si sia mai innamorata è fonte di preoccupazioni, e lo sarà sempre. Il fatto che non lo sia, che viva un blocco che io ben conosco, perchè pure io l’ho vissuto, è altrettanto preoccupante per me. Queste sono le radici delle mie paure. L’unica differenza da altre situazioni, è stata in questo caso la mia profondissima franchezza, che mi fa stare bene. Anche se lei non sa cosa voglia dire, sa che cosa cerco, che cosa penso di lei, che cosa in qualche modo provo. Ed in che modo lo provi? In modo diverso da come ero abituato. L’ho detto, qui si fa un passo in avanti e due indietro. E’ un logorio ed un rinforzo continuo, un gioco difficile quello a cui sto giocando. Un gioco difficile. Ma le cose belle sono sempre difficili, lo so. La distanza e la non frequentazione sono uno dei problemi, questo è certo: come poter far crescere bene una pianta, se la si osserva solamente ogni tanto? Il tempo passa, e quella chissà dove va, chissà che combina. Non ha senso farla crescere, non ha senso. Troncare tutto? E’ un’opzione sempre sul tavolo, quella più semplice, pratica, la meno dolorosa alla fine. Uno strappo netto, un fendente definitivo che mi ammazzi dentro, dal quale poi rinascere con calma, molta calma. Ecco, io lo sento ora cosa spinge anche lei a non innaffiare, a non far crescere. Lo sento bene. Qua ci si fa male ad andare avanti, ci si fa solo male. Non deve crescere, deve ibernarsi. Deve rimanere in ammollo, galleggiare, e tuffarsi solo quando sarà tempo. Come si fa? Ah, dio, come si fa? Come resistere ancora? Non lo so. Non so perchè sento che si tratta di un percorso inesorabile, che finora ho frenato man mano ma che, ora, inizia a procedere verso la sua destinazione. Frenare… frenare… non lo so. Non è facile. Ma la scelta è questa alla fine: frenare o ammazzare. Frenare o ammazzare. Cristo, quando vorrei frenare, quanto vorrei essere in grado di farlo, quanto lo desidero, dio mio. Io ci provo eh, ci provo. Ci provo veramente, però non so se ne sarò in grado. Ho tanta paura di doverlo ammazzare. Ho paura. Ho paura.

Ho paura. Mi viene da piangere.

17:26

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