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Quarantesimo post

Giovedì 7 Gennaio 2021, ore 11:53

Rieccoci, sull’orlo del baratro. Dio, siamo di nuovo persi, di nuovo stiamo per crollare o lo siamo già, di nuovo.
Fantasma.
Fantasma ho titolato quella foto, un fantasma che mi perseguita, che mi mangia l’animo, aiuto, ansia, cosa succede. Dio mio. Mi mangiano dentro queste paure, dove vado? Cosa faccio? Dove sono tutti? Dove sono io? E poi ancora, ancora l’ennesima mano che mi strangola il cuore sorridendo, ancora l’ennesima sofferenza, l’ennesima delusione, l’ennesimo… errore? Ma forse sto sbagliando io? Domande e dolore, dolore, dolore e d ancora dolore che mi pervade, in questa esistenza di dannazione, di flagellazione, in questa città sempre grigia e triste, senza il sole che illumini con un minimo d speranza questi giorni. Dolore!!! E se mi sfogo già alle prime righe, sigifica proprio che qualcosa qui non va. Non va perchè…? Perchè?
Già, perchè.
Andiamo con ordine: dove sono.

Sono tornato nella mia città universitaria, quella nebbiosa piattaforma galleggiante sita al centro del Veneto, crogiuolo di gioie e sofferenze di 1/5 della mia vita, ormai. Faccio fatica pure a scrivere.Dio mio. Ma devo. Ebbene, sono di nuovo qui. Qui per ultimare questo ciclo che definirlo di studi sarebbe riduttivo:un ciclo di vita, di esperienze e sofferenze, qualche gioia ad alimentare la caparbietà nel proseguire, nell’andare avanti, ma tutto immerso nei dolori. Dolori di estati passate sui libri, dolori di inverni crocefissi sul legno degli esami, dolori anche di delusioni sentimentali, di amicizie perse, di delusioni esistenziali. Dubbi, domande, questioni prese e chiuse in un cassetto, con tanto di “ci penserò quando sto meglio”. Sì, certo. Ha proprio funzionato eh? Oddio, un po’ sì. Un po’ no. Sospiro. Devo persino prendermi le pause dalla scrittura, dio quanto mi affliggono queste cose. E dire che sono stato peggio, che i miei dolori hanno saputo affondare molto più in profondità nel passato. Eppure… eppure colpisce anche così, come una carezza. Una modbida carezza che mi sfascia il petto, fa crollare quei castelli di carta che m’ero costruito dentro. Castelli di carta? Bah, forse un po’ più resistenti, ma si sono dimostrati tali.
Ad ogni modo, perchè fantasma? Perchè quella foto l’avevo scattata cinque anni fa, in un periodo di profonda solitudine e disperazione personale. Non sapevo dove andare, non sapevo cosa fare, non sapevo dove sboccare in tutti i senti che questo termine può avere. Non sapevo. E stvo male, profondamente male. Disperato. Oggi è lo stesso? oggi quella foto è diversa, più lugubre, invecchiata: sono passati cinque anni, caro amico mio. Cinque anni di esperienze e distruzione interiore, costruzione e flagellazione, caspita se mi sono distrutto e ricostruito dentro! Oggi, diversamente da ieri, non sono più così insicuro. Ma è un bene, o un male? E’ bene stare stabili dentro di sè, o è un male? Perchè caspita, la mia stabilità dipende da tantissime variabili. E potrei essere stabile, per capirci, sul posto sbagliato, sulla posizione, lo stato, le idee sbagliate. Mannaggia, vorrei una macchina per andare dove mi pare in questo momento. Vorrei che non esistesse la pandemia. Ma l’erba voglio… Vabbè. Ed è quell’immagine spettrale che mi naviga dentro, fantasma di un passato che sta lentamente ritornando dentro di me, in modo diverso, chiaro, più maturo, cresciuto, ma è sempre lui: la solitudine, il vuoto attorno a me, queste cose qui.

Fantasma poi perchè io stesso, ora, mi sento un fantasma. Il mio io si sta scollegando dal mio corpo, ragiono ed agisco senza vivere sulla mia pelle emozioni e sensazioni che vadano oltre il caldo ed il freddo, la fame (pochissima) e la sete. Oggi sotto la doccia ho visto che la pancia sta calando. Non me ne sarei accorto altrimenti. Non mi fa paura, ma so cosa significa. Lo so bene. Chissà se in questa casa c’è una bilancia. Metto su il farro. E’ una sensazione molto brutta e dolorosa, perchè mi sento scollegato dal mio corpo, mi sento su questo baratro di emozioni, che poi non ci sono. Una sorta di apatia molto fastidiosa, che per carità, ho provato fino ad un mese fa a casa mia, ma speravo di non rivivere qui. Lo so come si cura: con la socialità, con gli altri, perchè è nello stare con gli altri e nel rispecchiarsi nei loro occhi che capiamo chi siamo. E quindi a memanca parecchio la socialità, e so che con essa starei meglio di come sto ora. Magari il mio fantasma riuscirebbe a rientrare nel corpo, a riprenderne possesso, a dirgli “mangia”, “curati” “vestiti bene”, “regolati la barba”, “sorridi”. Chi lo sa. Ora sto così, in questa condizione pericolosa, e bene non sto. C’è appunto la paura di cadere, di sfasciarsi a terra, e non è piacevole. Io galleggio, come un fantasma, trascinandomi dietro il corpo inanimato, e lo manovro come fosse una marionetta. Sto più avanti, più in alto, conta mezzo metro più in alto, e mi trascino dietro il corpo. Eccomi, sono così, ora. Pensa te come sono messo, e pensa te quanto male sto scrivendo! Ah, la capacità descrittiva che avevo è svanita, persa nel nulla, puff… tornerà, lo spero, quando nella mia vita torneranno i colori e le gioie, le belle emozioni ed il sorriso. Non la serenità, sia chiaro. Il sorriso. Perchè non c’è gioia se non c’è tensione, azione, vita! Qua invece sta tutto morto. E a guardare dall’esterno la mia situazione, non mi dovrei stupire. Si galleggia nell’apatia qua… Magari domani vedo qualcuno, dai.

Non è finita qui. Perchè ora, in questa esistenza di apatia e studio per l’esame, si aggiunge un ingrediente in più: fantasma perchè… fantasma perchè cosa provo? Hehe. Qui si parla di L. Non tanto come persona in se e per se, ma per ciò che sta rappresentando come esperienza dell mia vita. Un’esperienza diversa, e non di poco, per moltissimi aspetti. Un’esperienza che veramente non so come andrà: il passato mi insegna che finirà presto e male, ma non ne sono così sicuro questa volta. No. Faccio fatica a scrivere con continuità oggi, continuo a bloccarmi, a frenarmi, a pensare. Che situazione… E dire che dovrei studiare! Dovrei fare così tante cose, che non faccio quasi niente. L’orzo ormai sarà pronto. Comunque è tutto diverso: è diverso perchè è una persona che risuona a frequenze molto simili alle mie per tantissimi aspetti, è una persona che non si sta tuffando nell’amore (anzi! Zero proprio) però riconosce la bellezza dello scambiarsi parti di se, di parlarsi ed aprirsi, è una persona con tante brutture dentro di se, e per questo mi piace. Perchè quelle brutture, quei lati acerbi, quegli spigoli sono simili ai miei, e badate bene: non combaciano mica eh! Però sono, in un certo senso, delle sfide. Non è facile e non sta andando coi ritmi a cui ero abituato, è tutto lento, strano, diverso e lo è a tal punto che le opzioni sono due: o sono arrivato ad uno stato di malessere tale da non riuscire a rendermi conto d’essere davanti ad un errore madornale, oppure è una strada inesplorata da sperimentare e percorrere. Perchè lo dico? Perchè sta andando in un modo tutto nuovo. E anche se fosse una sconfitta (come, diciamocelo, probabilemte sarà) sarà un esperimento diverso, un qualcosa di mai sperimentato prima, da mettere nel mio bagaglio culturale di emozioni e cose così.
Sono passate alcune ore, ho mangiato, chiacchierato, ed il mio umore si è un po’ riassestato. Crollerà nuovamente, lo so, sprofonderà ancora nelle melme di questo periodo indeterminato, che non so più quando è iniziato e non so quando finirà. Però ecco, rileggendo l’ultima parte mi rendo conto che, in modo puramente egoistico, abbia senso affrontare questi dolori finchè sono tollerabili, abbia senso provare a percorrere una strada leggermente diversa dal solito finchè sopravvivo, abbia senso respirare quest’aria nuova: potrebbe essere mortale, potrebbe essere benefica, chi lo sa. Tutte esperienze, che significa conoscenze degli altri e di me stesso. Ne val la pena, per cui non penso che getterò la spugna subito, allontanandomi e curando con i metodi che ben conosco i piccoli (o grandi) malesseri che ho. Camminiamo e vediamo come va, che succede, cosa imparo…e si vedrà! Sarà divertente rileggere queste pagine. Forse, saranno proprio queste esperienze (e sconfitte?) ad insegnarmi come vincere le prossime volte, o meglio -visto che parlar di vittorie e sconfitte non è giusto in questi casi- ad insegnarmi a percorrere le strade giuste, quelle che meno faranno soffrire gli altri e meno faranno soffrire me, e che mi porteranno sulla via tanto sperata, quella di una bella relazione, lunga, completa, che copra quel buco della mia esistenza. Che non è l’unico buco, ma è un buco importante.

Dopo un pranzo ed innumerevoli pause, si son fatte le 15:50. Lo studio mi attende, molte cose dovrei scrivere ancora, ma c’è tempo, ed ora non sono più nelle corde di tirarle fuori. Chissà che questa esistenza mi regali ancora esperienze curiose, nel bene e nel male. Chissà che mi stupisca, che mi incuriosisca, che mi dia qualcosa di cui vivere, qualcosa per cui alzarsi la mattina e combattere. Un senso, un fine, una meta. E un abbraccio.