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Ventiseiesimo post

Lunedì 2 Novembre 2015, 20:37

COME NON INDIGNARSI?

Che periodo confuso stiamo vivendo! La confusione è su diversi piani, anzi forse su tutti i piani sociali.
Il primo piano è quello intimistico, nella situazione molto bella nella sua confusione di un mondo nuovo, con persone, ambienti, realtà nuove: il mondo universitario. Un mondo fatto di forti contraddizioni, molto più accentuate rispetto a quello della tiepida vita liceale, calato su una città nuova, grande, complessa e ricca di storia. Una città piena di vita e di colori, che diversamente dai miei luoghi natali ingloba i suoi abitanti, e non viceversa. Una città che non si può controllare, ma da cui si è (amorevolmente) controllati, anzi coccolati. Una città dove si fanno nuove conoscenze, da realtà diverse, disparate, con passati che quasi sorprendono chi, come me, nella sua ingenuità pensava di avere già assaggiato un po’ di vita vera. Climi diversi, dinamiche più complesse, multietnia, tante tante novità che, siano belle o brutte, stimolano molto la riflessione: diciamo che questa è la miglior confusione.
Il secondo piano è quello della società giovanile. Qui, tra noi giovani, regna la confusione pressoché totale nell’aspetto civico e politico: quasi trent’anni di disinformazione mediatica hanno creato generazioni di ragazzi senza cognizione di cosa sia la cittadinanza, i diritti ed i doveri del vivere in una grande comunità chiamata Stato, l’importanza della democrazia e della politica ad essa strettamente collegata. Come è possibile sentire coetanei, ma anche ragazzi molto più grandi di me, che si chiedano “ma a che serve votare?” “ma chi devo votare?”. Il sentire queste frasi mi gela il sangue, peggio ancora che il discutere con quelle persone, quelle persone fragili, che si tuffano nelle demagogie perchè abbandonate dal mondo, e si drogano di illusioni portandole avanti fino alla morte. Nessuno, o forse pochi, troppo pochi, si rendono davvero conto della drammaticità di questa situazione? L’imbarbarimento della cosa pubblica, del Bene Comune, ci porterà agli autoritarismi, al collasso del sistema democratico a vantaggio di chi desidera il potere per il potere: non sono io a dirlo, ma la storia che, inevitabile, ricorda le leggi del mondo con le sue pagine. La mia in questo caso è quasi vera paura, perchè l’assenza di un sentimento civico condiviso dalla grande maggioranza della popolazione (giovanile!) ed allo stesso tempo l’assenza di figure morali, politiche e culturali di spicco nel nostro panorama mediatico rischia di aiutare, e di molto, le derive demagogiche di chi in nome del potere è pronto a tutto. Non ininfluente è stata la mia esperienza negativa in alcune realtà associative e semi-politiche del mio territorio, che se in un primo momento mi avevano dato speranza in questi termini, con il loro rapido decadimento hanno generato in me non poche preoccupazioni. In una società dove la politica insegna che il vincitore è colui che alza la voce e sbatte i pugni, il futuro appare fosco: dico questo senza risparmiare la minima critica a chi, pur condividendo con me gli ideali, ritiene che l’applicazione dei medesimi debba passare attraverso questi strumenti, quali appunto l’imposizione invece che il compromesso, l’autoritarismo invece che il dialogo, la violenza verbale e fisica come arma  risolutiva dei problemi sociali che, pur rappresentando una ridicola minoranza della popolazione, molti personaggi ritengono di poter risolvere essendo eletti, prescelti, unti dalla Verità scritta su qualche libro ammuffito. Ogni qual volta mi imbatto in certi scontri di pensiero, mi abbatte e mi deprime il constatare queste situazioni, sempre più frequenti, sempre più radicate nella società.
Il terzo piano è quello internazionale, il piano dove alla preoccupazione si aggiunge, preponderante, la rabbia dell’indignazione, il furore della sconfitta! Il razzismo, una piaga che doveva essere debellata nel dopoguerra, oggi riaffiora come se nulla fosse, come se il passato non esistesse: con tranquillità queste idee perverse che hanno portato l’umanità sull’orlo dell’estinzione ritornano di moda, senza che nessuno vi ponga apertamente, e con sincerità, un muro invalicabile innanzi: l’Europa che fino a pochi anni fa sembrava una sicurezza, un palazzo in costruzione con solidissime fondamenta, ora inizia a crollare davanti ai nostri occhi, come mai avremmo immaginato! Le nazioni rinascono con i nazionalismi, i confini vergono tracciati ti nuovo, là dove si progettava di costruire ponti e strade ora si alzano reticolati e si puntano fucili: il mondo e la storia stanno tornando indietro come mai, e dico mai avrei potuto immaginare. A questo si aggiunge il genocidio di diverse nazioni, dilaniate dalla guerra ed ora dalla follia di disperati uomini, che non hanno nulla da perdere e si gettano a braccia aperte davanti a chi offre loro un futuro utopico, immerso nella religione islamica appositamente plasmata per loro. La più grande apocalisse dell’ISIS non sono le teste mozzate, ma la distruzione del Popolo e delle Nazioni con l’annullamento della cultura, la cancellazione dell’identità mediante la cancellazione del passato: mi si blocca lo stomaco nel vedere Palmira saltare in aria, sculture millenarie in frantumi, santuari ridotti a bivacchi o poligoni di tiro. Il pensiero perverso di questi folli ripercorre pari passo quello di chi li ha preceduti, primo fra tutti il nazismo omogenizzante, distruttore di identità per creare un mondo nuovo, da zero. Si badi a non cadere in errore, la distruzione dell’identità di un popolo, della sua memoria, è stata fatta sempre: a ritroso si può citare la Cina maoista, la Russia del ventennio post-rivoluzionario, la rivoluzione francese fino alla devastazione dei templi pagani per mano delle comunità cristiane nel dopo-Roma. L’arma peggiore è quella, la cancellazione della memoria, dell’identità, ed io rabbrividisco nel constatare che la seconda guerra mondiale non è servita come lezione all’Umanità, non è bastata per evitare che tali orrori si ripetessero nuovamente. Questa confusione, questo tentennamento dei popoli non genera solo esodi biblici e inutili morti, no: esso favorisce anche alla degradazione dello spirito comunitario umano, stimolando indirettamente l’odio e la violenza fra i popoli. Davanti a tutto questo, il sentimento di impotenza è immenso, la sensazione di sconfitta diviene un macigno insostenibile, unico sfogo naturale il panico schizofrenico. Ne segue in me un fortissimo sentimento di dover agire, imperitura autoimposizione di impegno civico per contribuire a salvare questo mondo e questa umanità, con tutto quello che delle formiche quali noi tutti possiamo fare: dialogare, seminare il verbo della pace e della fratellanza, curare i germogli di tolleranza, impegnarsi per la pace, da quella con il vicino di casa a quella tra le nazioni, spingere per la tutela ed il mantenimento dei diritti per i deboli e gli indifesi. Non è facile, specie quando poi si pecca di arroganza, o quando l’agire diviene fonte di invidie (fenomeno raro ma presente) e rancori da parte di chi non capisce certe posizioni, ed istintivamente si pone sulla difensiva osteggiandole. Io credo che mai come adesso io, come tutti, dobbiamo fare un grande sforzo in più: quello di andare oltre il personale, oltre i dolori ed i problemi dell’anima, ed impegnarci quanto più possibile per salvare l’Umanità da noi stessi: anche se soli contro molti, non dobbiamo arrenderci; anche se criticati per il pensiero e gli atteggiamenti, dobbiamo andare avanti: non possiamo cedere, non possiamo conformarci all’odio, al razzismo, al campanilismo. Ci vuole la forza ed il coraggio di staccarsi dal coro, anche se pecore nere, ba bisogna farlo, perchè è in ballo qualcosa di superiore: se in un primo momento sarà la solitudine ad accoltellarci, per farci cedere, poi saremo ripagati dalla felicità di chi professa il bene e costruisce la pace. Bisogna avere il coraggio di essere diversi, bisogna avere il coraggio di tendere la mano, rischiando di farsi staccare un braccio, ma rischiando per la causa giusta.

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