24.12.2016 23:38
Un po’ che non scrivo. Ma è bastato un piccolo, banale film, per farmi tornare in mentre quel sentimento sopito, quasi ricacciato nel profondo dell’animo da tanto tempo. Senza di lui si vive bene, si vive meglio. Si vive. Ed era infatti da un bel po’ che non lo sentivo risorgere dalle profondità del petto, da quel posto strano, poco sopra lo stomaco, dal quale si alza e si stringe, lasciandoti senza fame, senza capacità di far niente. Senza forza di alzarti, senza possibilità di aprir bocca se non a stenti, e con quel groppo terribile in gola che ancor ora, ora che sto scrivendo, mi sento addosso. Ruoto la testa ed alzo il collo per levarmelo, ma lui non se ne va, resta lì, e ci sarà un perchè. Mi gratto la testa, ora senza i miei lunghi capelli, ma con qualche peletto che chiamo ancora, penosamente, criniera 🙂 Ormai lì è rimasto poco, ormai sta cadendo tutto, come era destino, o meglio, come era prevedibile, dopo tutto. Il groppo se ne sta andando, e trovo allora la lucidità per scrivere un po’. Che cos’è, questa cosa? Forse ho trovato. Perchè, a dire il vero, di ipotesi ne ho formulate tante, ma questa volta lui è tornato, dopo tanto tanto tempo, in un determinato momento, molto chiaro, molto limpido. Il che mi ha fatto -forse- capire che cos’è tutto questo. Fa male, sì, fa male. Fa male ma è questo, è proprio questo: è Goodbye Lenin.
Forse io ho questa, questa malattia: l’essere un anomalo, nato in un tempo che non è il suo, e condannato alla malinconia per qualcosa che sogno, che vedo come orizzonte di armonia, di correttezza, di equilibrio, ma al quale non mi sto avvicinando, ma mi sto al contrario allontanando, sempre di più, con tutto ciò che mi circonda. Forse io, come pochi altri rari esseri di questo strano posto chiamato non so cosa, sono un qualcosa che ama, che si emoziona, che sospira al sol pensare ad una società diversa, ad una società giusta, corretta, equilibrata dove il cittadino sia dentro la comunità, sia esso stesso la comunità in tutte le sue parti. Un mondo giusto, tranquillo, rilassato e senza preoccupazioni. Forse non un mondo ricco, non certo un modo agiato o degli eccessi, ma quel tranquillo mondo di un’altra epoca e di un altro tempo, dove si sorride per le piccole cose, dove si sospira per la banale bellezza del quotidiano, dove si rende poesia ogni cosa, la più semplice, anzi: dove non c’è la poesia come qualcosa di esterno alla quotidianità, ma è la quotidianità ad essere vissuta, in ogni suo instante, come poesia. Poesia, ispirazione, missione, vocazione: non dovere, che è una parola brutta, ma vocazione, che è invece elegante, leggiadra, e che rende l’idea di cos’è che io sogno, che bramo e che, ahimè, non potrò mai raggiungere nella mia vita. E’ quell’ideale di un mondo giusto, quell’ideale incarnato nella realtà che non smetterei mai di sognare, di pensare, di pianificare in ogni suo minimo dettaglio, ma che va a scontrarsi con la cruda e violenta realtà, la realtà del tempo in cui viviamo, una realtà di orrori e di sopraffazioni, di ingiustizia come legge universale, di conformismo, di consumismo, di emarginazione ed elitarismo. Realtà dove non conta la comunità, ma conta il singolo, contano i schei, poi i schei e poi ancora i schei, dove non c’è spazio e non c’è tempo per una passeggiata nel silenzio della natura, dove non si può ammirare l’immensità di una pianura dall’alto della cima senza frantumare quell’incanto con il click di una foto, da postare su Face o da inviare al gruppo degli amici. Tutto quello che sogno e che raspo a mani nude, con così tanta violenza da rompermi le unghie, ebbene, tutto questo non c’è. E non ci sarà mai, più. Io, nel mio raspare e scavare a mani nude nella terra, mi guardo intonro e non vedo nessuno, mi sento terribilmente solo in questa mia ricerca disperata di un mondo che esisteva, una volta, ma oggi non esiste più,e domani nemmeno lo si ricorderà. Siamo una specie in via d’estinzione, ed io che sono giovane, sono anomalo, sono una mosca bianca in mezzo a qualche vecchio moscone, qualche vecchio che il mondo l’ha visto, quello vero, ideale, e non l’ha dimenticato. Molti l’han dimenticato, tutti, e pensano solo ai schei, ma io non ce la faccio. Io vedo il passato, forse sbiadito e distorto, e me ne sono innamorato perdutamente. Questo passato, questo amore, non finisce, è duro a morire, non finirà mai. E’ amore, per forza di cose, questa incredibile tensione che mi spinge, anche dopo tanto tempo, anche dopo essermene forzatamente e violentemente allontanato, a tornare a commuovermi davanti a certe scene,a certe immagini, ad un mondo fantastico che non è mai esistito ma che forse, un giorno solo, in una piccola parte di questo pianeta, si è davvero realizzato in tutta la sua incredibile e meravigliosa perfezione.
Il groppo se n’è andato, ma io sono ancora qui. Ritornato sognatore di colpo, alla vigilia di natale, immagino cose che mai avrò, e se mai le avrò, immagino di trovare almeno una metà che come me condivida questa tensione verso il paradiso dell’anima. Non l’ho mai trovata, fino ad ora. Ho sempre incontrato soluzioni di ripiego, tappabuchi. Non ce la faccio ad avvicinarmi ad altro, ne sarei anche tentato, ma mi accorgo ogni giorno di quale sia l’abissale distanza tra me e il resto del mondo. Io lo so, questa per tutti è presunzione, lo so, questa per tutti è un’offesa alla loro persona. E’ sempre stata vista così, e sempre sarà vista così. Sempre sarà l’arrogante presuntuoso, il ragazzo con la puzza sotto il naso, capace di far niente ma con la velleità di capire tutto. Io, davvero, questo non lo sono. Io non voglio fare del male, a nessuno, mai. Io mai vorrei dare dispiaceri a chi mai ha fatto male a me, e mi dispiace davvero, davvero sentire sempre, percepire sempre che il mio essere, per gli altri, è arrogante, spocchioso e presuntuoso. Io jon voglio essere così, davvero mai vorrei esserlo, non ho motivi, Io non sono orgogliosamente diverso, guai! Io, io sento di esserlo. Io sento che, davvero, non ho nulla da spartire con voi. Io osservo tutto dai miei occhiali magici, e vedo un mondo distorto, con colori diversi, suoni, musiche, emozioni che voi, lo vedo, non condividete. le vostre gioie non sono le mie, e le mie emozioni non sono le vostre. A me addolora capirlo e vederlo, a voi infastidisce, e di questo mi rattristo, mi rattristo molto, perchè triste e dura è la vita dell’uomo solitario. La mia speranza è una, una sola, quella di trovarti, tu che sei la mia luna, tu che sogno da sempre. Tu, la lei che vede coi miei stessi occhi un mondo diverso, e che mi prenderai per mano e mi sceglierai come compagno di strada, lungo un sentiero di bosco, in silenzio, ascoltando solo lo scalpiccio delle foglie secche, il frusciare del vento tra i rami, i magici colori d’inverno, il sole radente su paesaggi di favola, le nubi che amorevolmente coprono le vallate, le rocce tiepide che scaldano d’intimità i cuori dei sognatori, e in un lungo cammino, scoprire mano nella mano nuovi sentieri, e terre, e cime, e vallate, e corsi impetuosi, e delicati ruscelli, e timidi animali che non ci temono, e accarezzarci in silenzio,e non essere mai più soli. Chiunque sarai, per me solo il più importante dono del fato, e null’altro che questo. Oltre di te, nulla; oltre di noi, l’infinito. No, non è questa la poesia, questa sarà solo la vita.
Ma nel frattempo, spaccando l’incanto, torno alla realtà. Il freddo mi avvolge le spalle, e penso agli impegni dei prossimi giorni, agli esami da dare, ai compiti da fare, agli sforzi, alla fatica, all’impegno che dovrò impiegare. Ed ecco che quella magia svanisce, e che quel tiepido torpore se ne va. Torno alla realtà, sono atterrato. Il suolo freddo mi dice di non pensare, di distaccarmi. L’emozione ormai è tornata nella sua voragine profonda, e per un bel po’ non tornerà più su. Per un bel po’ la mia vita sarà normale, scherzosa, razionale. Vivrò sereno come sempre, senza pensare a ciò che voglio, ma solo a ciò che devo. Quando qualcosa di alieno si avvicinerà a me, io lo allontanerò come ho fatto finora, davanti allo sgomento e l’incredulità di chi mi conosce, da fuori. Sarò io, come sempre, per tutti. Ma per me, solo per me, nel profondo del mio corpo, il mio animo sa che sono anche qualcos’altro, il mio animo sa che cosa, nel mio profondo, desidero e sogno. E quel giorno, quel giorno in cui tu mi incontrerai, allora dopo anni e secoli di attesa, il mio animo sboccerà nel più bel fiore del mondo, ed i colori dell’emozione ti onoreranno come la più nobile delle regine, e allora saprai che ti ho trovata, e saprai che mi hai trovato, e tenendoci per mano passeggeremo lungo la nostra vita, assieme
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