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Sesto post

09.06.2014     19:33

Sesto post, sei come i mesi passati assieme alla persona che amo. Sapete, oggi, dopo un mese di silenzi e una fine quasi scontata, siamo riusciti, ancora una volta, a continuare questa relazione. Quanto può dirare ancora? Un anno come tre giorni.
La fine mi sembrava segnata, ed anche se ormai la voglia di continuare questa relazione era svanita del tutto, ieri sera i suoi messaggi di rassegnazione mi avevano massacrato. Era l’amore che provavo per lei, che ritornava nel mio cuore dopo tanto tempo. La sveglia alla otto ha suonato, quando era già da due ore che ero sveglio, a letto, pensieroso sul da farsi. Partenza alle nove, e dopo una breve tappa un’estenuante mezzora di lente pedalate sotto il sole mattutino che già iniziava a scaldarmi. Ogni metro che mi avvicinava a lei era un sospiro, un gemito, un voler trattenere le lacrime che prepotenti volevano sgorgare già a metà strada. il mio silenzioso lamento, quasi zittito, riapparve quando, incontrato un lontano amico, gli dissi “Pensa dove sto andando io: dalla mia ragazza, che mi vuole lasciare”: la smorfia maligna mi contorse il volto nel pronunciare quell’ultima, tspaventosa parola. Non bastarono le parole di conforto di un povero grande ragazzo per togliermelo, se non la mia ferrea forza di volontà nel decidere con caparbietà quale era la giusta via da fare. Ma ogni metro, ogni metro percorso era qualcosa di spaventoso, angosciante, annientante, ed il mio spirito, che in parte odiava ed odia quel magnifico carattere di I, la mia I, era in ginocchio, gocciolante di sangue. Arrivato alla porta la sufficenza di lei non bastòl a trattenere ciò che da quella mattina covavo dentro, un pianto diperato, un pianto di lacrime vere, quelle lacrime che non riesco mai a versare ora scorrevano dal mio volto come non mai: quanto tempo era che non piangevo?
Non piangevo, per l’esattezza, da Gennaio, quando tristemente confessai il mio passato di depressione ai miei genitori. E non piangevo per un amore dall’ottobre scorso.
Il pianto, il mio tallone d’Achille.
Il pianto, il mio sfogo mancato.
Il pianto, la mia menomazione.
Perchè io, cari lettori annoiati, cari lettori inesistenti, non so piangere. Piansi tanto da bambino, ma poi, quando la società me lo impose, imparai a non versare più nemmeno mezza lacrima. Ed il dolore da allora rimane dentro di me, feroce belva assassina che mi quarta e mi dilania, animale senza pietà che mi uccide.
Lei impassibile, con la freddezza di chi non vuole credere a ciò che vede per non impazzire, mi disse “Io non voglio un ragazzo che è sempre depresso, io devo essere felice. Non mi posso accollare tutti i tuoi problemi, ne ho già abbastanza, non puoi pretendere questo da me”. La sensuale soldatina delle Schutzstaffeln mi guardava dall’alto della sua sfingea bellezza, intimandomi la verità. Io capì, ed assecondai il suo volere, che fondamentalmente combaciava con il mio. Ma lei, la mia I, davvero mi parò in questo freddo modo? Davvero ritenne che, dopo un mese di suo isolamento, la colpa di tutto fosse mia, e che lei nulla avesse in torto, e nessun rimorso davvero la colpì? No, io so che non è così. E nella certezza di questo fatto, ho assecondato le sue richieste, aspettando il prossimo incontro per svuotare il mio sacco. Il sacco dei miei rancori verso di lei va svuotato, non v’è alcun dubbio, ma altrettanta assenza di dubbi è anche nel fatto che le colpe, quelle di radice, siano mie.
Io, che con la società cerco di mostrare superiorità e forz, una volta trovata la ragazza che cercavo, ho svuotato su di lei tutto quel cumulo di dolore che mi portavo appresso, e l’ho fatto consciamente, rendendomi sempre conto di come questo la stesse distruggendo, annientando la luna di miele che rende l’amore così bello, almeno nei primi mesi. io sono la causa scatenante, alla mia I può essere solo mossa l’accusa di essere completamente incapace di reggere ciò che io avevo retto fino ad allora, oltre all’aggiunta del nuovo Male che avanzò lentamente fra di noi. Un alone di mistero avvolge quella splendida rosa spinosa, un mistero affascinante che voglio a tutti i costi svelare. Ma cosa succederà poi? Fra tre giorni la lascerò? Che farò con chi, disperata, mi tratta con la freddezza di una macchina? 
La pazienza è la virtù dei forti, ma quanta ne avrò ancora? Una sfida contro me stesso, una sfida contro tutto e contro tutti, contro gli amici che mi considerano un povero, debole coglione, contro gli altri che desiderano solo ciò che comoda loro, contro un’amore difficile che fatica a camminare.

Chi vivrà vedrà.