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Sedicesimo post

7.10.2014

 

E’ un post sull’amore, in risposta ad una riflessione di un ragazzo a me sconosciuto. Le mie solite parole prive di fondamento 😉

ANALISI MALE DOCUMENTATA E TENDENTE A CONCLUSIONI AFFRETTATE SULL’AMORE

Il più grande mistero dopo Dio, la Massoneria, l’undici Settembre e Richard Benson

… e Gusi.

Volendo rispondere, o per lo meno ispirandomi all lunga ed accurata riflessione del collega pensante Rossetto (mai visto nè conosciuto, ma è anche questo il bello del web), pure io volevo fare una breve analisi dell’amore. Ho le mie idee, spesso ne ho parlato con gli amici perchè è un argomento molto interessante a mio avviso. Non ho grande esperienza in merito, sia chiaro, quindi le mie parole vanno prese con le pinze (sempre che si possa parlare di “esperienza d’amore”). Paragrafo pure io le mie riflessione, emulando la tecnica del Rossetto che trovo molto pratica sia per lo scrittore che per il lettore. Dunque:

I tipi di amore

L’ideale per me (il conflitto ragione-passione)

Il piacere dell’amore

Che si fa?

Ah, i punti 2,3,4 sono venuti fuori assieme perchè mi son fatto prendere la mano 🙂

//Perdono in anticipo i vari errori orotografici sicuramente presenti//

I TIPI DI AMORE

Sembrerebbe una domanda banale, ma invece è banale. Ciònonostante come primo punto la tratto. L’amore sostanzialmente è un sentimento di affetto verso qualcosa che ci provoca piacere, secondo me. Io ho amato delle ragazze, perchè provavo piacere nello stare in loro compagnia, nell’abbracciarle, nel parlare con loro. Ho amato ed amo la politica, perchè provo piacere nell’informarmi e nel conoscere la vita dello Stato e di tutta l’umanità. Amo la Storia, perchè trovo appassionante e piacevole conoscere il passato, con i suoi eventi ed i suoi personaggi, poichè essa è lo strumento fondamentale per formare me stesso. Amo l’informatica, perchè provo piacere nel districarmi attraverso la logica di cui è intrisa. Amo lo sport, è fonte di diverse gioie per me. Amo alcuni generi musicali. Amo molte cose, concrete e astratte, tutte accomunate dal denominatore comune di profondo piacere e soddisfazione nel praticarle, e per tutte loro sento che starei male se scomparissero dalla mia vita, sento che sarebbe molto difficle continuare a trovare un senso alla vita senza di esse.

Per me, questa è l’essenza dell’amore. Un concentrato di sensazioni più inerenti alla sfera passionale, ma gestite da una buona dose di razionalità. Vi è passione se leggo qualcosa di interessante anche se sono stanco, perchè io razionalmente dovrei riposarmi, ma quella spinta interiore che mi porta verso la fonte di soddisfazione interiore impedisce che ciò avvenga. E’ amore.

Quando mi riferisco all’amore verso una persona, quel che generalmente tento di distinguere è l’Amore dall’innamoramento, anche nel tentare di determinare un discrimine posso facilmente contraddirmi. Chiamo innamoramento l’essenza della passione, l’istinto che porta ad una ricerca cieca della fonte di piacere, ed il paragone più calzante mi sembra quello di un dipendente da tabacco. L’innamorarsi di una persona comporta la scomparsa dei sentimenti blandi, ed un accavallarsi di forti emozioni, positive e negative, che sopraffanno la ragione e tutte le abitudini, gli usi, tutto ciò che rientra nella nostra vita normale. L’innamoramento mi scombussola, mi porta in un altro pianeta, dove non valuto i rischi ed i pericoli, dove faccio tutto l’impossibile pur di avere quella fonte di piacere che ho conquistato. L’innamoramento è essenza dell’irrazionale, lo paragonerei all’ira per potenza (non a caso spesso sfocia in essa, vedi Catullo in primis per fare una citazione facile).

L’amore invece per me è quel sentimento più blando, dove ancora la ragione gioca un ruolo fondamentale. L’amore è il piacere di fare qualcosa, ma nei limiti della razionalità impostaci dai canoni di questa società. Posso amare una cosa ma farne a meno per doverso tempo, senza soffrirne esageratamente ma provando molto piacere nel praticarla, anche dopo lunghi periodi di astinenza. Posso amare la musica, astenermi dal suonare per mesi e mesi senza soffrirne eccessivamente ma provare molto piacere ogni volta che suono. E questo sentimento difficilmente scompare con il tempo, anzi in genere non scompare: quella che in italiano chiamiamo “una passione” è qualcosa di indelebile nel nostro spirito, a mio avviso.

Secondo me (e questo è il passaggio che generalmente mi viene criticato) questo che io chiamo amore si manifesta sia sottoforma di “passione” per le cose materiali ed immateriali, che sottoforma di “affetto” per le persone e gli animali. L’affetto per un parente è un sentimento molto forte, un amore verso una persona a cui teniamo molto, con cui amiamo passare il tempo anche se razionalmente non saremmo portati a farlo. Vi è secondo me una parte di passione in ciò, indubbiamente, è quella che si manifesta con la nostalgia per la lontananza da un caro; vi è comunque una parte magioritaria di razionalità, quella razionalità che ci consente di vivere normalmente la vita di tutti i giorni senza sostanziali cambiamenti, senza quindi subire quegli scombussolamenti che invce fanno parte dell’innamoramento. Ecco, per me questi sono due tipi di amore, diversi fra loro per le loro due nature, una preponderatamente passionale, l’altra preponderatamente razionale.

L’IDEALE PER ME

Valutando personalmente quale dovrebbe essere la via migliore per approcciarsi all’amore con un’altra persona, quell’amore stereotipato della nostra cultura, mi sono inevitabilmente imbattuto in centinaia di noti predecessori che hanno affrontato molto più accuratamente la situazione, ben prima di me (Lucrezio, Catullo, Ovidio fino ad arrivare a Leopardi e D’Annunzio):i cònonostante, la mia superbia e la mia autostima sono tali da permettermi di ignorare quasi totalmente questi giganti letterari e di passare indisturbato alla mia trattazione senza curarmene minimamente.

A mio parere per mantenere la felicità duratura un “uomo savio” dovrebbe rifuggire dall’amore passionale, e con molta determinazione perseguire la via dell’amore affettivo, molto meno allettante per vari motivi -molti dei quali ben espressi dal collega Rossetto- ma a mio parere l’unica vera via per una relazione duratura e con meno sofferenze possibili. L’ideale sarebbe non essere innamorati di una persona, ma provare un sincero forte affetto per essa, un affetto che ci portasse a frequentarla spesso, a provare piacere nello stare in sua compagnia, a farla divetare primaria compagnia di avventure e di vita, ma che non sfociasse nella passionalità tipica del comune stereotipo che ci viene comunemente venduto. Dovremmo avere la forza d’animo del resistere a tale tentazione, costruendo un edificio di convivenza su solidissime basi, quasi indistruttibili. Quella che io propongo, sostanzialmente, è una fortissima amicizia, un’amicizia sincera, indissolubile, colorata di affetto, baci e lunghi abbracci.

Conscio della triste prospettiva che spesso appare a chi ascolta le mie argomentazioni, io penso che questa sia la risposta alla domanda che l’uomo cerca nell’altro: stabilità. L’altro deve essere un punto di riferimento, una certezza, una casa sicura dove rifugiarsi qualsiasi cosa accada. L’altro è un fondamento per lo sviluppo del nostro essere in Terra, una chiave di volta per passare allo stadio successivo della nostra vita: quello della famiglia, dei figli e dei nipoti: la realizzazione biologica della nostra esistenza. Deve essere sinonimo di stabilità, un qualcosa che indubbiamente ci sarà sempre: e cos’è che indubbiamente c’è sempre per noi?

La madre, il padre, i fratelli e le sorelle: queste sono le persone su cui noi poggiamo le nostre fondamenta. E pertanto, i sentimenti che proviamo per loro devono essere gli stessi che dovremmo provare per il nostro partner, non vedo alternative. E vedo che la realtà è questa.

Ora però, l’obiezione madre delle obiezioni: perchè questo castramento sentimentale? Certo non tutti ragionano nel mio stesso modo.

Il motivo è semplice: solitamente è il caso a dettare le leggi. Nella nostra vita passiamo diversi amori (per lo meno è stato così dal ‘68 in poi), finchè non ne troviamo uno che dura. Ovvero, un amore che, una volta passata la fase di “droga”, di “allucinazione”, o comunque di quei mesi caratterizzati dalla passione, riesce a reggersi anche senza di essa quando in altre occasioni, sparita la passione, emergevano gli ostacoli che prima essa nascondeva, e la relazione finiva. Quando ci si rende conto che dopo la passione l’affetto rimane, e c’è intesa mediata dalla razionalità, e non artificiosamente creata dalla passione, allora ecco che si continua a stare assieme, anche senza un fuoco che ci scaldi dentro: basta una lieve fiammella blu a farci felici.

Talvolta anche questo si spegne però. Talvolta uno dei due viene travolto da una nuova passione, e vi cede, abbandonando un compagno di tanti anni (e di tanta vita). Perchè? Io credo che la risposta sia: perchè la passione è essenza di irrazionalità, e spinto dalla passione fa ciò che razionalmente non farebbe. Dunque anche la pace interiore guadagnata con anni ed anni più di colpo saltare come niente, basta solo che la passione prenda il sopravvento sull’animo.

“Ma una volta non succedeva!”. Già, perchè? Il collega già accennò a questi temi, a mio parere riconducibili ad un sostanziale soffocamento dei sentimenti per un prevalere di razionali bisogni vitali. Non ci si sposava per amore, ma per bisogni economici dettati dalla famiglia, anzi dalle famiglie. Non v’era spazio per l’iniziativa personale (in particolare per quella femminile) e dato che l’educazione e i modelli impartiti ai giovani erano diversi, nessuno si poneva mai seriamente il problema: si era sposati, così si rimaneva. Non va dimenticato che al componente sociale si affiancava una fortissima influenza religiosa che completava l’opera di oppressione dell’” iniziativa del cuore”, che non saprei chiamare altrimenti. Dal ‘68 in poi si è conosciuto il vero cambiamento, ma le nuove generazioni risentivano dell’educazione dei padri, ed il problema è stato marginalmente contenuto. Solo oggi, oggi che viviamo in sempre più ampie libertà, in una società fluida come Baumann descrive (e poi in Baumann il Rossetto), queste sono le nuove problematiche: l’anarchia sentimentale porta allo spaesamento ed ad una instabilità, instabilità di chi abituato a vivere nella libertà non accetta di dover piegare la testa ed accontentarsi. Quanto si presta allora la favola della lepre e della tartaruga? Calza a pennello, a mio avviso. Siamo tutte lepri, alla ricerca di piaceri effimeri ma fortissimi che riteniamo ci appartengano di diritto, cancelliamo dalla nostra mente l’idea di accontentarci, di “andare piano ma lontano”, e finiamo per lamentarci, per piangere su noi stessi quando ci troviamo, ormai avanti negli anni,a dover constatare che tutte quelle scelte coraggiose, quei piaceri immediati che abbiamo ricercato non ci hanno fruttato più niente. Noi eroinomani dei diritti sbandierati con fierezza senza comprenderli appieno. Che facciamo allora? A che serve una laurea palesemente inutile ma conseguita con la convinzione che “tutto si può fare, basta volerlo!”. Non è anch’essa frutto della passione, questa ostentata convinzione che nel nuovo mondo libero tutto sia possibile? Perchè non ci accontentiamo? Perchè non riusciamo a ragionare e a capire che la felicità, quella vera, la troveremo nelle piccole cose, nelle vie di mezzo, che non possiamo puntare a 100 credendo fermamente di raggiungerlo, ma che dobbiamo accettare il fatto che nel 99.9% dei casi arriveremo al massimo a 85, e saremo felici lo stesso. Saremmo felici lo stesso, di una felicità duratura, sicura, stabile. Ma non ce la facciamo. Cediamo al piacere immediato. Fumiamo avidamente sigarette di soddisfazione invece che assaporare una lenta pipa che però ricompenserà la nostra pazienza molto di più, donandoci sensazioni molto più ricche. E’ miopia mista a presunzione, voglia di rimanere bambini e non affrontare la realtà, incapacità di vedere orizzonti lontani.

Questo è ciò che penso.

Io stesso, poi, ricado nei più banali errori, senza seguire ciò che la mia ragione prescrive. Sono attirato dall’adorabile piacere che si prova nel praticare l’arte della seduzione, il corteggiamento, il lento corteggiamento che mette in campo tutte le nostre abilità è affascinante, è interessante, ritarda il piacere rendendolo incredibilmente più buono, e ci riempie di soddisfazione.

Il gioco della passione ci alletta, l’abile teatro con cui ci mostriamo all’altro come lui vorrebbe vederci è un’arte anch’essa, è anch’esso un gioco che ci piace, un gioco perverso e sadico, ma a cui ci prestiamo perchè il piacere forte ed immediato è meglio di quello lieve ma lungo e duraturo. Poi, se la sorte ci accoglie benevola, potremmo trovare anche il secondo, ma non è scontato. E generalemente non è così. Perchè allora ci facciamo del male, non sappiamo trovare la forza morale per scegliere la strada apparentemente migliore?

Non ne siamo capaci. Non possiamo esserne capaci, perchè la civiltà che ci ha cresciuto ci ha plasmati come voleva lei, ed ora noi, i suoi figli, il suo prodotto, dobbiamo operare come essa ci ha oridinato, eseguendo le operazini impartiteci, ragionando come ci ha insegnato. Ed il ribellarsi dalla nostra cultura è difficilissimo. Forse è impossibile.

Quindi che devo dire a Gusi? Che la sua affermazione secondo me è errata. Oggi non può esistere il matrimonio senza forza d’animo e fede nelle proprie idee. Perchè il matrimonio vuol dire rininciare a tantissime cose, fidandosi prima di tutto di se stessi e della propria scelta. Il matrimonio esiste solo, secondo me, con una concezione di amore, l’amore che provano i nostri nonni fra di loro, per noi difficile da recuperare. Siamo viziati dalla nostra società, e non ci libereremo di questi vizi, perchè siamo deboli.

La debolezza di chi non ha mai affrontato vere difficoltà.

FINE XD