Lunedì 30.06.2014 00:27
Piccolo esperimento.
Un fresco vento notturno scuote i rami degli anziani olivi, facendo fremere di tremore la pelle scoperta che, un po’ spavaldamente, lo sfida. L’eco del bar patronale risuona lontano, accompagnato dalle grida dei suoi frequentatori mai stanchi di seguire l’ennesima partita del mondiale: un’abitudine antica che non vuole arrendersi all’epoca dello streaming digitale. In lontananza, sulla terra ferma, le luci della città di dannunziana memoria si riflettono sul calmissimo mare che disegna i fianchi di questa brulla isola dalmata, in un luccichio che porta inevitabilmente al paragone con i presepi che con la fantasia di un bambino si costruivano ogni inverno, nell’attesa delle feste natalizie -e soprattutto dei loro regali-. Lo sguardo si sposta più a sud, ed osservando la costa trova un’altro agglomerato di luci, diviso dal precedente con un misterioso spazio nero, talvolta collegato dai fari di qualche rara automobile che, nel buio assoluto di questa notte, paiono luci di un’astronave nello spazio siderale. Nessun peschereccio illumina on i potenti riflettori il mare piatto, che diviene un tutt’uno con il cielo, quasi a voler stringere a tenaglia la sottile striscia di vita che illumina la costa continentale. Ed un questo buio, illuminato dalla sola luce dello schermo, siede tremante un buffo aspirante scrittore.
Egli non sa realmente cosa scrivere, non pensa mai a ciò che sta facendo quando accende il suo computer e lascia che le sue dita vengano liberamente trascinate dalla fantasia della sua colorata mente deforme: solitamente cade a peso morto nel mare dei suoi pensieri, e fa che per iscritto essi vengano indelebilmente incisi. Non teme nulla fuorché se stesso, e nulla gli interessa se non il fatto che ciò che scriva venga fissato nella Memoria Eterna della Rete. Il suo, più che altro, non è che un banale passatempo che lo accompagna nelle notti insonni, ma che stranamente quella sera si rifiutava vanitosamente di assecondarlo. Nulla poteva valere, nè le suppliche, nè la pietà, nè le trappole: la fantasia infinita quella sera era in sciopero, e le dita rimanevano ferme sulla seconda riga, appena sotto la data, senza sapere che fare. La situazione, a dirla tutta, era piuttosto imbarazzante: il freddo pungeva, il sonno pian piano arrivava, la batteria del computer man mano che i minuti passavano andava esaurendo i suoi ultimi residui, ma da lassù niente di nuovo: il cervello aveva chiuso i battenti, niente da fare. L’aspirante scrittore, stizzito, provava una strana forma di rabbia mista a rassegnazione in quella buffa situazione, in cui oltretutto era costretto a respirare buona parte del fumo che uno zampirone di dubbia efficacia produceva in gran quantità ai suoi piedi. Che fare dunque? Come ispirare la propria fantasia in mancanza di liberi pensieri? Dopo una complessa e seccata meditazione, il giovane non vide altra soluzione che adottare il più antico dei trucchi di uno scrittore: la descrizione del paesaggio. Da esso poi, sicuramente, sarebbe derivato tutto il resto; così cominciò, una volta osservato lo scuro paesaggio che lo circondava, con l’analisi di un elemento piacevole di quel luogo, ma che in quelle circostanze si rivelava piuttosto fastidioso. Così, con un sarcasmo ben nascosto ma inevitabilmente trapelante, le sue mani, scivolando elegantemente sulla tastiera, coprirono la prima riga di quel suo irregolare passatempo:
“Un fresco vento notturno scuote i rami degli anziani olivi, facendo fremere di tremore la pelle scoperta che, un po’ spavaldamente, lo sfida…