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Diciottesimo post

12.10.2014, 19:58

Ci sono tante cose che (mi) fanno riflettere, molto, troppo, ed in generale sfogando la mia logorroica prolissità, ma alcune sono davvero forti. Per esempio, quanto noi ci basiamo sull’apparenza delle cose e quanto di conseguenza siamo ipocriti con gli altri e con noi stessi.
Mi rendo conto che inconsciamente noi lavoriamo solo di stereotipi, grazie ai quali sappiamo come approcciarsi alla vita: ogni cosa percepita dai nostri sensi è come un segnale stradale, un preciso comando che ordina al nostro spirito di agire in un tal modo data la situazione. Luoghi, circostanze, gruppi, singole persone, ci basiamo sull’impatto iniziale impostiamo noi stessi per un determinato approccio, il tutto per semplicità, per tranquillità personale. E se il nostro istinto ci sconsiglia di entrare in contatto con determinati ambienti o persone, ecco che noi le evitiamo, pensando di non esserne compatibili. A volte l’istinto è ragionevole, altre volte si sbaglia, ed è questo che mi colpisce. Quando troviamo un ambiente o una persona che riteniamo a noi “compatibile”, ecco che facciamo i passi successivi, e ci avviciniamo ad essi: poi magari li conosciamo meglio, scopriamo se il nostro istinto ci aveva guidato bene o male, e a volte abbiamo lo stupore di scoprire che quell’impressione iniziale era sbagliata, almeno in parte. Che facciamo dunque? Spesso, anzi quasi sempre, ci allontaniamo come se niente fosse, pensando che tanto tutto può trnare come poco prima. Ci diciamo “Oh, ho sbagliato, ma basta girare le lancette dell’orologio ed è tutto a posto”. Ed ipocritamente ci slacciamo da quelle entità a cui ci eravamo legati, ci scolliamo da quelle persone a cui, per poco o molto tempo, ci eravamo appiccicati, e facciamo finta, ingannando noi stessi, che sia “tutto come prima”. Per me, queste dinamiche quotidiane sono l’espressione dei lati più disgustosi dell’uomo, il lato inanimato. Non si è animali in questo, si è apatici, totalmente insensibili, e profondamente egoisti oltre che superbi.
Non si è animali perchè questi atteggiamenti non appartengono all’animale, l’animale ha conflitti interiori più semplici dei nostri, ma conosce l’affetto e non lo tradisce mai. Perchè nell’animale vi è l’ingenuità di un bambino, ed il tradimento non esiste.
Si è prima di tutto apatici perchè si ignora la traccia lasciata da noi durante il nostro errore, si finge che non sia mai esistita e si cammina via, senza voltarsi indietro per vedere se abbiamo lasciato qualcosa di rotto.
Per lo stesso motivo direi che siamo insensibili, noi che tagliamo i nostri recettori sensoriali delle emozioni senza preoccuparci degli altri.
Siamo dunque egoisti, poichè nel nostro agir pensiamo alla salvaguardia del nostro io, di noi stessi, del “mio benessere” perchè, sia chiaro, prima ci siamo noi, poi gli altri.
Superbi alla fine, perchè nella nostra mania di grandezza siamo certi (e ribadisco, abbiamo la certezza assoluta) che quel che facciamo è giusto, assolutamente corretto, è indubbiamente la via vera e non v’è nulla di falso, nemmeno la minima macchietta di sporcizia sul candido lenzuolo della nostra coscienza. La ragione è dalla nostra parte.
Cose che, se penso a me, mi rattristo a pensarle, perchè so di aver sbagliato molte volte, affidandomi al mio istinto ma, soprattutto, fregandomene del mondo e degli altri, come nulla fosse, anzi a volte con una certa soddisfazione, quel ghigno un po’ malvagio di chi sa che l’ha messa in culo agli altri. E quando le vedo su di me, beh è la rabbia, la rabbia per una società che non mi permette di essere ciò che desidero. perchè se sono quel che voglio essere, ci sarà qualcuno che mi considererà un secchioncello, qualcuno che mi vedrà come un hipster, qualcuno che mi etichetterà come un drogato, chi mi additerà come un comunista, per alcuni sarò una specie di hippe alternativo mentre per altri un banale moccioso con tanta superbia quanta confusione in testa. Ah già, dimenticavo: in genere, un fallito. Tutto questo per i nostri stereotipi, dettati da una società bigotta e schierata (“non conta da quale parte, quel che conta è essere di parte”) che non vuole nemmeno andare “oltre”, ma preferisce fermarsi alle apparenze. Come io, io che non sono un po’ niente di quello che posso sembrare, ma posso essere anche un po’ tutto, così gli altri, che possono essere quel che credo ma che magari saranno altro, forse bello forse no. Non lo sapremo mai, perchè abbiamo paura di saperlo. E’ troppo spaventoso fare passi ad occhi chiusi, andare oltre le apparenze, superare gli stereotipi e “rischiare” di cadere dove non saremmo voluti cadere. No, è più comodo girare i tacchi e sgambettare via, cambiando argomento ai nostri pensieri e facendo come se nulla fosse avvenuto, come se fossimo fermi a due minuti prima. Solo che, così, non andremo mai avanti nel tempo, nè nella vita.