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Ottavo post

Sabato 28.06.2014    23:53

Oggi, leggendo i primi capitoli di un famoso libro che avrei già dovuto conoscere a menadito diversi anni fa, mi sono imbattuto in qualcosa che mi ha acceso una luminosissima lampadina in quel buio antro disordinato che è la mia mente. Il tema di fondo è esattamente ciò che sto facendo e la sua moralità: quel che scrivo in questo blog.
Io mi abbandono ad ore ed ore di scrittura sregolata e (apparentemente) libera, dove parlo al vuoto di me, dei miei pensieri, delle mie idee, delle mie paure e dei miei deisderi. Parlo di tutto e di niente, di cosucce irrilevanti e di grandi quesiti della vita (anche se forse è un po’ superba questa mia ultima qualificazione), ma con un fine nascosto. Al di sotto di tutta questa bella coperta colorata di parole ed idee sparse, c’è un velo bianco, chiaro, con pochi disegni geometrici che ben delineano con sconcertante oggettività quali sono i miei obbiettivi. Io scrivo, fondamentalmente, per cercare qualcuno o qualcosa che si rispecchi in me, e se questa non meglio definita entità non esiste, io scrivo per plasmarmela. Mi sono reso conto, con il tempo, che il mio basico atteggiamento di superbia nei confronti del mondo ha picchi talmente alti che io, consciamente o inconsciamente, aspiro al plasmare le menti di chi mi circonda affichè tutti loro mi diano ragione e si adattino alle mie idee. Io di natura non sono affatto propenso all’ascolto, se non di una persona o una cosa che stimo enormemente. Delle persone che mi circondano, che io magari amo e a cui voglio bene ma che reputo “coscienziosamente inferiori” a me, mi interessa solamente plasmarle a mio uso e consumo. Forse esagero nel dire questo, e forse sto ingigantendo un’aspetto dell’Uomo che è comune a tutti noi, ma sinceramente poco me ne importa: io mi accorgo da tempo di agire, talvolta, con questo unico fine, fine che io ritengo a dir poco disgustoso, e che voglio eliminare assolutamente. Non posso impormi con tale veemenza e violenza su chi mi è vicino, e non posso accoltellare in tale modo le persone che amo e che amerò. Devo mutare il mio modo di scrivere, di parlare e di rapportarmi dal “dimostrare che ho ragione” al “esprimere la mia opinione ed argomentare le mie motivazioni”, basandomi sempre e comunque sulla saggissima e nobile massima di Voltaire, Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinchè tu possa dirlo. Ciò che mi ha illuminato -e mentre scrivo queste righe, mi chiedo seriamente quanto ve ne possa interessare, ma alla fine se siete arrivati all’estremo gesto di leggermi vuol dire che avete proprio esaurito tutti i vostri propositi di svago, motivo per cui non dovrei turbarmi troppo- è stato ciò che il geniale protagonista de “Il Ritratto di Dorian Gray” espone rivolgendosi al previo citato giovinetto al loro primo incontro, nel secondo capitolo. Lord Enrico, alla domanda del perchè non volesse correre il rischio di influenzare con le sue idee la persona di Dorian, risponde con queste parole:
“Perchè influenzare qualcuno significa dargli la propria anima. Egli non pensa più i suoi naturali pensieri, non arde più delle sue naturali passioni, non ha più le sue reali virtù. I suoi peccati, se pure vi è qualcosa che si può chiamare peccato, sono di accatto. Egli diventa l’eco della musica suonata da un altro, l’attore di una parte che non è stata scritta per lui. Lo scopo della vita è lo sviluppo di noi stessi, la perfetta attuazione della nostra natura: è questa la ragione d’essere di ognuno di noi.”
Ecco, in queste parole io mi ritrovo appieno, riconoscendo il mio errore e trovando inevitabilmente la colpa del mio carattere negli effetti del mio agire sulle vittime. Ecco, qui, brutalmente chiara, il male da evitare. Il voler convincere gli altri delle mie idee non è solo atto di superbia allora, bensì violenza su un (presunto) debole, cattiveria se non perfidia e dimostrazione di egoismo nei confronti di chi passivamente subisce me stesso. Questa la chiara conclusione, per certi versi ovvia. Ma la domanda rimane: perchè tutto ciò? Perchè ho agito in tal modo e soprattutto, perchè pur sapendo e riconoscendo il mio errore, vi ricado talvolta -anche se in misura decisamente minore al passato- ? La domanda ha ronzato rumorosamente nella mia testa mentre leggevo appassionatamente le pagine di questo libro pregno di saggi concetti e lezioni di vita, quando alla fine, poco dopo, una risposta è balzata dal fondo di una scena -ed ancora, mi chiedo perplesso cosa possa spingere una persona sana di mente a leggere queste mie immense seghe mentali, cosa davvero possa invogliare te, lettore di questo ridicolo blog, ad ascoltare e seguire questi discorsi senza senso, futto di inevitabile insanità mentale: ma che fai ancora lì, attaccato al computer? Esci, vai a farti un giro!! (in bici magari, che è meglio u.u ). Dunque, riprendiamo la mia inutile serietà, e chiudiamo questi trattini sempre odiati e innaturalmente lunghi-, quando nel terzo capitolo, all’interno di una riflessione personale, il caro Lord Enrico si svela, riferendosi a Dorian Gray:
E quanto era attraente, la sera prima, a cena, seduto di fronte a lui, al club, con gli occhi spalancati e le lebbra socchiuse, tremanti di gioia, mentre i paralumi rosati siffondevano il più intenso rosa sulla nascente meraviglia del suo volto. Parlargli era come suonare su un violino perfetto: rispondeva ad ogni tocco, ad ogni fremito dell’archetto… V’è qualcosa di terribilmente affascinante nell’imporre la propria influenza; nulla le sta a paro. Proiettare la nostra anima in una bella forma e lasciarvela indugiare un momento, udir tornare a noi l’eco del nostro spirito arricchita dalla musica della passione e della giovinezza, versare la propria personalità in un’altra come un sottile fluido o uno strano profumo”
Ecco, ecco il perchè. Io ci trovo piacere, un meschino piacere nell’impormi a me stesso, e lo scoprire che la vittima ha subito il mio plagio, ed ora non solo concorda con me, ma mi ammira per il mio pensiero, è il massimo della soddisfazione. Ecco, mi serviva Wilde per capirlo. L’espressione massima della superbia, ciò che solo un essere profondamente egoista potrebbe produrre.
Il sadico piacere della vittoria sull’altro.
Questo credo sia il mio più grande male, ed io lo scrivo -inutilmente- su questi post dell’abisso, in cui rielaboro (maniacalmente?) i miei pensieri in cerca di quella scintilla madre che ha provocato ogni problema, indagando sulle cause dei miei mali -che poi divengono inevitabilmente mali altrui- per estirparli e diventare una persona migliore. Ma perchè scrivo? perchè devo stampare indelebilmente questi miei pensieri, altrimenti nella mia mente confusionaria rischio di dimenticarmeli o di lasciarli degenerare come loro vogliono.
Va bene. Fine. Spero vi siate definitivamente convinti, lettori fantasma di un blog inesistente (e tendenzialmente dislessico) che sono un matto 🙂 O dai, se non un matto, ammetterete che qualche leggera insanità mentale ce l’ho, andiamo! O forse pretendo troppo, anche in questo, chissà..

.. forse sono solo una persona che si fa troppe seghe mentali, in cerca di continua felicità e, vittima delle sue alte ambizioni, in una costante insoddisfazione per le piccole pecche che sporcano un bel dipinto. Che poi alla fine me ne convinco da solo, che male non è, che io avrò i miei difetti ma non devo farne un dramma, e che queste sono solo seghe mentali di uno che non ha altro da fare alle 0:48 mentre scrive sul terrazzo guardando il mare e scacciando fastidiosi moscerini che prepotenti si posano di continuo sullo schermo. Eccheccazzo andate a rompere da un’altra parte! Bah, che palle..

(un segaiolo mentale.. non suona neanche male..)
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/vita/frase-3117>